Un Libro – KAIROS PALESTINA

Spunti di riflessione dal  libro :     

                                       KAIROS  PALESTINA

                                   UN MOMENTO  DI VERITA’

Una parola di fede, speranza e amore

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 dal cuore delle sofferenze dei palestinesi

(pubblicazione promossa  da “ Campagna “Ponti e non muri” di Pax Christi Italia – ed. Messaggero Padova – Edizioni Terra Santa)

Kairos Palestina  è un documento  reso pubblico da un gruppo di cristiani palestinesi, l’11 dicembre 2009, a Betlemme, ed esprime il sentire proprio dell’animo palestinese, “un grido di speranza in assenza di ogni speranza”,  cercando di leggere la  difficile situazione attuale  alla luce della fede, della speranza e dell’amore, poiché oggi “si è raggiunto un punto morto nella tragedia del popolo palestinese e coloro che possono prendere le decisioni si accontentano di gestire la crisi piuttosto che impegnarsi seriamente  a trovare un modo per risolverla”.

Il documento, indirizzato ai responsabili palestinesi e israeliani, alla comunità internazionale  e alle chiese del mondo, è stato approvato dai patriarchi  e capi delle chiese di Gerusalemme, dalle  istituzione ecclesiastiche, oltre alle  varie ong ed esponenti del laicato cristiano, che grazie  ai canali informativi lo hanno diffuso.

Nella prima parte il testo elenca le cause della sofferenza attuale; nella seconda parte  gli autori del documento  suggeriscono una serie  di cambiamenti di rotta  volti alla costruzione di segnali concreti di pace.

 

Leggiamo alcuni stralci dal testo.

LA REALTA’ CHE ABBIAMO DI FRONTE

Tutti parlano di Pace in Medio Oriente  e di processo di pace, ma ad oggi la realtà è quella di un’occupazione di Israele nei Territori palestinesi, di una sottrazione della nostra libertà.

Il muro di separazione eretto in territorio palestinese, gran parte del quale è stato confiscato per questa ragione, ha reso le nostre città e i nostri villaggi come prigioni, separandoli gli uni dagli altri, tramutandoli in tanti cantoni dispersi e divisi.

Gaza, specialmente  dopo la guerra cruenta che Israele le ha scatenato contro nel dicembre 2008 e nel gennaio 2009, continua a vivere in condizioni inumane, sotto assedio permanente  e separata dagli altri Territori Palestinesi.

Gli insediamenti israeliani devastano la nostra terra in nome di Dio o in nome della forza, controllando le nostre risorse naturali, specialmente l’acqua e le risorse agricole, deprivando quindi centinaia di migliaia di palestinesi  e costituendo oggi un ostacolo ad ogni soluzione politica.

La realtà è l’umiliazione quotidiana  alla quale siamo soggetti ai checkpoint militari, quando andiamo al lavoro, a scuola o all’ospedale.

La realtà è la separazione tra i membri della stessa famiglia , rendendo la vita famigliare impossibile a migliaia di palestinesi, laddove un coniuge non possiede la carta d’identità israeliana.

La libertà religiosa , cioè la libertà di accesso ai luoghi santi, è limitata  col pretesto della sicurezza. Gerusalemme e i suoi luoghi sacri sono irraggiungibili per molti cristiani o musulmani della Cisgiordania e della Striscia di Gaza.

Anche i rifugiati fanno parte della nostra realtà. La maggior parte di questi vive ancora nei campi, in condizioni difficili e indegne di esseri umani. Essi hanno il diritto di ritorno, ma sono sempre lì, generazione dopo generazione, ad aspettare il loro ritorno. Quale sarà il loro destino?

E i prigionieri? Le migliaia di prigionieri  che si trovano nelle prigioni israeliane fanno parte della nostra realtà. Quando riavranno la loro libertà?

Gerusalemme è il cuore della nostra realtà. E’, allo stesso tempo, simbolo di pace e segno di conflitto. Mentre il muro di separazione divide i quartieri palestinesi, Gerusalemme viene svuotata dei suoi cittadini palestinesi, cristiani e musulmani.

Le loro carte d’identità vengono confiscate, e ciò significa la perdita del diritto di risiedere a Gerusalemme. Le loro case vengono demolite o espropriate. Gerusalemme, città di riconciliazione , è diventata una città di discriminazione ed esclusione, una sorgente di lotta piuttosto che di pace.

Parte di questa realtà è anche la trasgressione da parte di  Israele delle leggi  e delle risoluzioni  internazionali, oltre all’incapacità  del mondo arabo e della comunità internazionale  di fronte a questi fatti. I diritti umani vengono  violati e, nonostante  le tante  informazioni  diffuse dalle  organizzazioni internazionali  per la salvaguardia dei diritti umani, l’ingiustizia continua.

I palestinesi all’interno dello stato d’Israele, che pure hanno vissuto  ingiustizie storiche , sebbene siano cittadini e abbiano quindi i  diritti e gli obblighi dei  cittadini, subiscono ancora trattamenti  discriminatori. Anch’essi aspettano di poter  godere dei pieni diritti  e dell’uguaglianza come tutti gli altri cittadini dello stato, nello stato.

L’emigrazione è un altro elemento della nostra realtà. L’assenza di qualunque barlume di speranza di pace e libertà spinge i giovani, sia  musulmani che cristiani, a emigrare. Il paese è così deprivato privato della risorsa più importante e ricca: una gioventù istruita. La diminuzione del numero di cristiani, soprattutto in Palestina, è una delle conseguenze pericolose, sia del conflitto sia della paralisi locale e internazionale e del fallimento nel trovare una soluzione completa del problema.

Da sempre, Israele giustifica le sue azioni come legittima difesa, compresa l’occupazione, le punizioni collettive e tutte le altre forme di soprusi contro i palestinesi.

Secondo noi, questa visione è il  capovolgimento della realtà. Sì, esiste la resistenza palestinese all’occupazione. Tuttavia, se non ci fosse l’occupazione, non ci sarebbero la resistenza, la paura e l’insicurezza.

Noi chiediamo ad Israele la fine dell’occupazione…

 

UNA PAROLA…

 

Affermiamo che  la nostra scelta come cristiani  di fronte all’occupazione israeliana è resistere … ma è una resistenza  creativa perché  deve trovare strade umane  che impegnino l’umanità del nemico.

(…)Ci appelliamo ad Israele affinchè interrompa l’ingiustizia verso di noi  e non continui a fuorviare la verità dell’occupazione  fingendo che sia una battaglia contro il terrorismo. Le radici del terrorismo sono nell’ingiustizia umana  commessa e nel male dell’occupazione ,al quale bisogna opporsi con metodi nonviolenti.

La promessa biblica della Terra Promessa  non deve essere interpretata come un programma politico, ma come una missione universale  per essere terra di riconciliazione, pace e amore, terra  costituita dalla presenza  di giudaismo, cristianesimo e islam.

Occorre rinunciare al fanatismo  o all’idea di costituire uno stato  confessionale (ebraico o musulmano  che sia), rigettare ogni razzismo, mettere fine alle divisioni politiche fra palestinesi.

La nostra parola alla comunità internazionale

La nostra parola alla comunità internazionale è di cessare il  principio del «doppio standard» e insistere sulle risoluzioni internazionali riguardo al  problema del popolo palestinese. (…)

Facciamo quindi appello a quanto le istituzioni civili e religiose hanno proposto:

l’avvio di un sistema di sanzioni economiche e di boicottaggio contro Israele dei prodotti provenienti dai territori occupati.

 

 La nostra parola ai leader religiosi ebrei e musulmani

Rivolgiamo un appello ai leader religiosi e spirituali, ebrei e musulmani, con coloro che condividono la stessa idea per cui ogni essere umano è stato creato da Dio e gode della stessa dignità. Da qui l’obbligo per ognuno di noi di difendere gli oppressi e la dignità che Dio ha donato a essi. Proviamo tutti insieme a spostarci dalle posizioni politiche che hanno fallito fino ad ora  e che continuano a portarci  su sentieri di insuccesso e sofferenza.

Un appello al nostro popolo palestinese e agli israeliani

È un appello a vedere il volto di Dio in ogni sua creatura e a superare le barriere della paura o della razza, per stabilire un dialogo costruttivo e non rimanere all’interno della spirale di manovre infinite che mirano a mantenere la situazione attuale. Il nostro appello è di raggiungere una visione comune, costruita sull’uguaglianza e la condivisione, non sulla superiorità, la negazione dell’altro o l’aggressione, usando il pretesto della paura e della sicurezza. Affermiamo che l’amore e la fiducia reciproca sono possibili. Così, la pace è possibile e anche la riconciliazione definitiva. Quindi, giustizia e sicurezza saranno una realtà per tutti.

L’educazione è importante. I programmi educativi devono aiutarci a conoscere l’altro così come è, piuttosto che attraverso il prisma del conflitto, dell’ostilità e del fanatismo religioso.

Facciamo appello agli ebrei e ai musulmani: lasciate che lo stato  sia uno stato per tutti i suoi cittadini, con una visione costruita  sul rispetto della religione , ma anche sull’uguaglianza, la giustizia, la libertà e il rispetto del pluralismo e non sul dominio  di una religione o di una maggioranza numerica. (…)

Gerusalemme è il fondamento del nostro modo di vedere e della nostra vita. È la città a cui Dio ha dato una particolare importanza nella storia dell’umanità. È la città verso cui tutti i popoli sono in cammino e dove tutti si incontreranno nell’amicizia e nell’amore alla presenza del solo e unico Dio, secondo la visione del profeta Isaia:

“Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti.

Verranno molti popoli e diranno. (…) Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli.

Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra» (Is 2,2-5).

Oggi la città è abitata da due popoli di tre religioni; ed è su questa visione profetica e sulle risoluzioni internazionali che riguardano l’intera Gerusalemme che si deve basare qualsiasi soluzione politica. Questa è la prima questione, perché il riconoscimento della santità di Gerusalemme e del suo messaggio saranno  fonte d’ispirazione verso  una soluzione dell’intero problema, che è di gran lunga  un problema di fiducia reciproca e di capacità d’instaurare una “nuova terra” in questa terra di Dio.

… In assenza di ogni speranza, noi urliamo il nostro grido di speranza.

Crediamo in Dio, buono e giusto. Crediamo che alla fine la bontà di Dio trionferà sul male dell’odio e della morte che ancora sono nella nostra terra. Vedremo qui «una nuova terra» e «un nuovo essere umano», capace di elevarsi nello spirito all’amore di tutti i fratelli e sorelle.

 

+ Michel Sabbah, patriarca latino emerito di Gerusalemme

+ Munib Younan.; + Atallah Hanna; Jamal Khader; Rafiq Khoury; Mitri Raheb; Naim Ateek;

Yohana Katanacho; Fadi Diab; Jiries Khoury; Cedar Duaybis; Nora Kort; Lucy Thaljie; Nidal Abu

El Zuluf; Yusef Daher; Rifat Kassis, coordinatore…

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